Ibrahimovic che sorpresa: ‘indignato’ per… un succo di frutta

Tanti retroscena e diverse curiosità raccontate da Zlatan Ibrahimovic nella sua ultima autobiografia “Adrenalina“. Ecco un aneddoto relativo al Manchester United 

Mai banale e sempre sicuro di se Zlatan Ibrahimovic, che oggi sta provando a condurre il Milan verso un sogno scudetto che manca ormai da troppo tempo. Il gigante svedese, superati i 40 anni resta ancora a giocarsi i massimi traguardi in Italia, a dimostrazione di una carriera infinita ed in grado di regalare ancora qualche sorprese.

Ibrahimovic © LaPresse

Diverse curiosità ed aneddoti particolari li ha invece distribuiti lo stesso Ibra nell’ultima autobiografia “Adrenalina“. Una particolarità arriva direttamente dal suo periodo al Manchester United, culminato con un brutto infortunio e la vittoria dell’Europa League.

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Il retroscena raccontato da Ibrahimovic: il succo di frutto e la carta d’identità

Ibrahimovic © LaPresse

Ibrahimovic ha raccontato nella sua autobiografia: “Tutti pensano allo United come a un top club, uno dei più ricchi e potenti del mondo e visto dall’esterno mi sembrava così. Una volta lì, invece, ho trovato una mentalità piccola e chiusa. Un giorno ero in hotel con la squadra prima di una partita. Avevo sete così ho aperto il mini-bar e ho preso un succo di frutta. Abbiamo giocato e poi siamo andati a casa. Passò del tempo. Arriva la mia busta paga. Di solito non la guardo. Lo faccio solo alla fine della stagione. Quella volta, non so perché, ero curioso e notai che avevano preso una sterlina dal mio stipendio”.

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Il racconto prosegue: “Chiamai il team manager e chiesi come mai. Lui mi rispose: “Era il succo di frutta dal mini-bar”. Stai scherzando? No. Qui, se ordini qualcosa, devi pagarlo. Certo, ma non sono andato in albergo di mia iniziativa. Non ero in vacanza. Era il mio posto di lavoro. Ero lì per il Manchester. Se devo giocare e ho sete, devo bere. Non posso andare in campo disidratato”. Incredibile, una sterlina. Una cosa del genere in Italia non sarebbe mai successa. Questi sono i dettagli che fanno la differenza e guadagnano il rispetto dei giocatori. Ogni giorno, all’ingresso, mi chiedevano di mostrare i miei documenti per entrare nel campo di allenamento. Abbassavo il finestrino e dicevo alla persona al cancello: “ascolta amico mio, vengo qui ogni giorno da un mese. Sono il miglior giocatore del mondo. Se ancora non mi riconosci, hai sbagliato lavoro”.