MILANO – La nascita del fantacalcio, sviluppi, segreti e consigli svelati da chi l’ha inventato. Ai microfoni di ‘gianlucadimarzio.com’, Riccardo Albini, giornalista ed inventore del gioco, ha parlato della propria creazione che tra qualche mese compirà 30 anni: “L’idea mi frullò in testa per qualche tempo ma per i primi anni Ottanta l’ho lasciata in un cassetto. Alla fine, ho convinto sette amici e iniziammo a giocare non sapendo che molti italiani ci avrebbero emulato in seguito. Tutto iniziò così: per lavoro, un paio di volte l’anno, mi recavo in America per aggiornarmi sui videogames, poiché dirigevo una rivista chiamata “Videogiochi” e in quel periodo gli americani avevano il dominio del settore. La mia curiosità nei confronti dei libri americani aveva il suo peso e spesso mi recavo in libreria per passione. Un giorno vidi un manuale chiamato ‘Fantasy Football’, lo acquistai e scoprii un gioco piuttosto interessante: il Fantasy Football non era altro che un fantacalcio applicato al football americano, che prevedeva una valutazione dei singoli atleti in base alle statistiche elaborate al termine di ogni match. In Italia una cosa del genere sarebbe stata impensabile: gli americani lavoravano con le statistiche dagli anni Trenta, da noi dopo una partita di calcio si comunicavano appena i marcatori e gli ammoniti. Però, mi resi conto che un gioco parallelo ma strettamente collegato al calcio vero e proprio poteva essere un’idea davvero molto interessante. Per diverso tempo mi rimbombava nella mente ma a causa di numerosi impegni, per un po’ di tempo, non riuscii a svilupparla. Nel 1988 ebbi l’illuminazione: le pagelle! Da vent’anni i giornalisti sportivi valutavano i calciatori a fine partita; così, con i miei colleghi, decidemmo di fare un esperimento”.
”Il primo fantacalcio aveva l’ossatura tramandatasi ancora oggi: stessi bonus e stessi malus anche se il gol subito valeva -2. Ci accorgeremmo che la svolta non fu il campionato a classifica punti ma a scontri diretti suddiviso in giornate. Il motivo è molto semplice: l’imprevedibilità. Se al più forte della lega cominciano a capitare le giornate storte, i 65,5 e così via, è più probabile che la corsa al primo posto resti aperta fino alle ultime giornate. Il fantacalcio, dai fantallenatori, viene vissuto esattamente come i tifosi: le emozioni sono quasi le stesse, la gioia per un gol o la rivalità con un avversario sono vissute allo stesso modo. Dal 1988 molte cose sono rimaste al loro posto, certamente in quel periodo non avevamo app, siti, gruppi Whatsapp ecc… E all’inizio le formazioni dovevano essere consegnate di persona: prima della partita d’apertura della giornata, tutti e otto ci trovavamo in un bar. Davamo al barista dei fogli di carta sui quali c’erano scritti i calciatori che avevamo scelto e, a fine giornata, procedevamo al conteggio dei voti. Ogni weekend si ripeteva la stessa storia. E la gente cominciava ad incuriosirsi… Ogni tanto qualcuno di noi si lamentava per aver speso troppi soldi per comprare un determinato giocatore. Chi si trovava nel bar reagiva in due modi: o ci guardava perplesso, oppure ci chiedeva di che cosa stessimo parlando”.
Successivamente, nacque l’idea di pubblicare un libro che spiegasse le regole del gioco: “Fissammo dei prezzi alti per i tempi che correvano, vendemmo solo 2.500 copie su circa 10.000 stampate. Fu un bagno di sangue ma, grazie a Dio, non vivevamo solo di quello. Il gioco, però, stava crescendo: ‘La Gazzetta dello Sport’ ci contattò per acquistare il fantacalcio. Glielo avevamo proposto qualche anno prima, però ci avevano risposto che era troppo complicato, fondato su troppi calcoli… In seguito le regole furono spiegate nelle pagine del quotidiano sportivo e il fantacalcio si sviluppò a macchia d’olio. Eppure, anche se ho guadagnato con la vendita dei manuali e per via di alcune collaborazioni, avete idea di quanti soldi se ne sono andati a furia di fare il fantacalcio per trent’anni?!”.
Albini, poi, esprime le sue considerazioni sull’eterno dilemma del gioco: si vince attraverso la strategia o solo grazie alla fortuna? “Non ci sono strategie, il fantacalcio è, almeno al 50%, questione di fortuna. Per vincere un campionato serve puntare sui giocatori giusti ed è facile sbagliare: lo fanno i ds di Serie A, figuriamoci i fantallenatori… Può capitare che uno spenda tantissimo per uno dei candidati al titolo di capocannoniere e poi gli vada male: pensate a chi si è svenato quest’anno per prendere Belotti. Dall’altra parte, magari un fantallenatore preferisce puntare su 4-5 attaccanti di medio livello: becchi il Quagliarella di turno che fa 20 gol e ti ritrovi al primo posto… Il successo del gioco dipende anche dal fatto che in Italia siamo tutti allenatori; pensiamo di capirne più degli altri e moriamo dalla voglia di dimostrare che, quando si parla di calcio, siamo ultra-competenti in materia. E, nel suo piccolo, il fantacalcio ci illude di poterlo dimostrare. Ma il vero segreto è un altro: amicizie di vecchia data o nuove amicizie che si sono rinforzate, o nate, grazie soprattutto a questo gioco che crea legami a dir poco pazzeschi; probabilmente, è questo suo aspetto umano a renderlo speciale per molti di noi” ha concluso.
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